E’ morto ieri a Washington, all’età di 71 anni, Lou Reed, cantautore, polistrumentista e poeta statunitense, annoverato tra i più influenti artisti della storia del rock.
A dare la notizia in anteprima è stato il sito dell’edizione americana del magazine Rolling Stone.
Dopo una vita di eccessi, vissuta sempre “al limite”, tra l’abuso di droghe e alcol e le violente depressioni causate dal trauma mai sopito dell’elettroshock a cui era stato sottoposto durante l’adolescenza per “curare” delle tendenze bisessuali, le condizioni di salute di Reed erano divenute piuttosto precarie, al punto che lo scorso maggio aveva dovuto sottoporsi ad un trapianto di fegato.
Famoso per la sua voce apatica, decadente e a tratti quasi del tutto inespressiva, era divenuto popolare grazie alla sua immagine mediatica di “Angelo del Male”, che lo ha reso uno dei personaggi più noti della scena rock per oltre 30 anni.
Artisti come David Bowie, Iggy Pop e John Frusciante nonché gruppi come gli U2, i Rolling Stones, The Doors e, in tempi più recenti, The Dandy Warhols hanno subito l’influenza di Lou Reed, il cui contributo fu fondamentale pure per la nascita di generi come il noise rock e il punk.
Nato a New York da una famiglia ebraica, si avvicinò fin da giovanissimo alla musica e in particolare al rock ‘n’ roll e al rhythm and blues. Preoccupati dalla sua passione per la “musica del diavolo” e dai suoi atteggiamenti femminei, i genitori lo sottoposero a numerose e talvolta invasive terapie psichiatriche: la canzone Kill Your Sons, scritta nel 1974, parla proprio del trattamento elettoconvulsionante a cui egli fu sottoposto quando aveva appena 14 anni.
Dal 1960 al 1964 frequentò la Syracuse University, dove si dedicò agli studi in giornalismo, regia cinematografica e scrittura creativa, conseguendo anche una laurea. Negli stessi anni iniziò la sua carriera come compositore e autore di testi, lavorando su commissione per una piccola etichetta commerciale: la Pickwick Records.
Il suo ingresso nel tempio degli idoli del rock avvenne nel 1965 quando, dall’incontro con il giovane musicista d’avanguardia John Cale, nacquero i Velvet Underground. Ai due si unirono il chitarrista Sterling Morrison e il batterista Angus MacLise, sostituito poco dopo da Maureen “Moe” Tucker.
Il loro album d’esordio, dal titolo The Velvet Underground & Nico, uscì nel 1967. Nonostante l’iniziale insuccesso delle vendite, venne ritenuto, a posteriori, uno dei più importanti e influenti dischi della storia del rock. In esso la sperimentazione musicale raggiunge livelli mai immaginati prima di allora: le venature pop unite alle suggestioni psichedeliche e proto-punk si fondono con il rock ‘n’ roll, dando vita ad una commistione di generi che sarà un punto di riferimento imprescindibile per molti generi musicali nati e sviluppatisi nei decenni successivi.
In questo lavoro, inoltre, Lou Reed utilizza il metodo della “Ostrich Guitar” (espressione da egli stesso coniata), un particolare utilizzo della chitarra che prevede che le corde vengano accordate sulla stessa nota.
Le incisioni furono finanziate dalla Columbia Records e da Andy Wahrol, autore tra l’altro della celeberrima copertina con la banana. In tre degli undici brani figurava la partecipazione della cantante, modella e attrice tedesca Nico. Il suo contributo fu piuttosto marginale, ma Wahrol volle metterlo il più possibile in evidenza perché pensava che la presenza della splendida e algida donna, apparsa pure nel film La Dolce Vita di Fellini, potesse giovare all’immagine della band.
Sulla copertina della prima edizione del disco apparivano soltanto l’immagine della banana, la firma dell’artista e una piccola scritta che invitava a “sbucciare delicatamente e vedere” (“peel slowly and see”). Rimuovendo l’adesivo a forma di buccia appariva una banana rosa shocking, maliziosa allusione al membro maschile. Mai prima di allora un simbolo erotico così esplicito era stato utilizzato per la copertina di un album, e alla trasgressione visiva si accompagnava quella dei testi, che spaziavano nei meandri della perversione sessuale, del sadomasochismo e del bondage (né è il perfetto esempio Venus in Furs, la canzone preferita di Sterling Morrison).
Tra il 1968 e il 1970 i Velvet Underground pubblicarono altri tre album, il cui più grande pregio fu senz’altro quello di aver unito gli aspetti più poetici del rock ad uno spietato e crudo realismo che portava alla luce una demoniaca sottocultura riguardante tabù come la droga e la depravazione sessuale. Il sostanziale insuccesso commerciale, tuttavia, spinse Lou Reed sul tracollo di un esaurimento nervoso (all’epoca soffriva anche di insonnia) e lo portò alla decisione di lasciare la band.
Il suo LP d’esordio, pubblicato nel 1972, deluse il pubblico e la critica, ma ciononostante David Bowie, che lo considerava uno dei suoi più grandi ispiratori, decise di aiutarlo producendo il suo secondo album, Trasformer, che ottenne un discreto successo in tutto il mondo.
Nei decenni successivi si dedicò quasi interamente alla sua carriera da solista, con due sole eccezioni: un concept album dedicato a Andy Wahrol, realizzato nel 1990 insieme a John Cale, e una breve parentesi coi Velvet Underground dal ’93 e al ’94.
Tra spettacoli ricchi di violenza (verbale e talvolta anche fisica), amori e turbe psichiche di varia natura, causate sia dalle sue difficoltà emotive che dall’uso di stupefacenti (tra cui le anfetamine), Lou Reed riusci ad imporsi come uno dei più importanti pionieri della sperimentazione musicale nel campo del rock.
Col passare del tempo, tuttavia, le sue composizioni e suoi testi iniziano ad acquisire sempre più raffinatezza, senza rinunciare alla spontaneità. La forsennata inquietudine di un tempo viene poco a poco domata dalla saggezza della maturità.
Il 31 ottobre 2011 era uscito il suo ultimo lavoro, Lulu, realizzato in collaborazione con i Metallica. Per il poeta del rock non era stato un gran successo, ma aveva fatto capire ai suoi fan che lui c’era e aveva ancora voglia di osare.
Dopo la delicata operazione al fegato si era detto pieno di speranze per il futuro e aveva rilasciato la seguente dichiarazione: “Non vedo l’ora di essere su un palco a esibirmi e di scrivere nuove canzoni per entrare in contatto con i vostri cuori, i vostri spiriti e l’universo per ancora tanto tempo”.
Rispondi