Arriva dal nulla Glamour, il secondo album dei I Cani, la band electro-pop romana. Un’apparizione improvvisa, senza promozioni né annunci ufficiali, senza i canonici rumors a precederla.
Li avevamo lasciati due anni fa, dopo Il sorprendete album d’esordio de I Cani e un fitto tour, che mandavano saluti e baci dalla loro pagina Facebook dando arrivederci alla prossima. Nell’ultimo periodo li avevamo sentiti con qualche collaborazione, ma niente di più.
Poi arriva un segnale, sempre da Facebook. Una scritta fuxia “??/???201?” su sfondo nero lascia intuire un ritorno.
Segue una manovra di marketing degna dei migliori “ninja” del settore: è il 10 ottobre e a Milano gli Editors stanno infiammando l’Alcatraz, mentre un tipo, sotto il diluvio, distribuisce dei sospetti volantini che riportano il logo della band e un indirizzo internet, su uno sfondo che poi abbiamo scoperto essere la copertina del disco.
Il link riportava al video del nuovo singolo, Non c’è niente di twee.
Dopo qualche giorno, sempre con con quest’aria di misteriosa noncuranza, si riesce a cavagli una data. La pagina Facebook annuncia: “22 Ottobre, Glamour, il ritorno de I Cani”.
Undici brani, 39 minuti caricati interamente su Youtube già il 21 ottobre sera, alla faccia della crisi discografica.
Chi li ha odiati, non si ricrederà, così pure chi li ha aspettati finora. Se pure I Cani non hanno conquistato il pubblico di massa, si sono guadagnati una buona fetta di “mercato indie”.
In Glamour ritroviamo la stessa atmosfera stroboscopica de Il Sorprendente Esordio e la stessa pungente ironia nei testi di Niccolò Contessa, frontman della band, se di frontman si può parlare in un gruppo che si mostra solo col volto coperto da buste di carta.
I Cani scattano istantanee dell’era dei Social dall’interno, con l’obiettivo puntato nelle stanze di ventenni corazzati di interessi e abitudini finte, che tentano di costruirsi personaggi “diversi, creativi, speciali, tutto tranne normali” (come recita il testo di Storia Di Un Artista). Anche loro sono dentro al gioco, conoscono quello di cui parlano, perché lo vivono, e lo raccontano con un sarcasmo tagliente che tante volte avremmo voluto usare per esprimere gli stessi concetti.
In barba ai lirismi dei cantautori moderni, erti su piramidi di metafore, I Cani sono i veri dadaisti dei Social Network.
La loro carta vincente è sicuramente quella di non pendersi troppo sul serio, ma, al contrario, dare l’impressione di tenersi sempre “con un piede dentro e uno fuori” dal grande cosmo che continuamente rinnegano, prendono in giro, dissacrano, in cui, alla fine, sguazzano con enorme abilità.
E se la loro psichedelia dovesse darvi il mal di testa, se poco si confacessero alla vostra immagine, poco male, vi restano un’infinità di altri “gruppi hipster, indie, hard-core, punk, electro-pop” tra cui scegliere.
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