L’autobiografia di Kim Gordon si è fatta attendere parecchio.
L’annuncio di una possibile pubblicazione era stato reso noto, infatti, più di anno fa. Ad oggi, non esiste ancora una versione italiana dell’autobiografia intitolata Girl in a Band, ma da qualche giorno questa è disponibile sul mercato inglese.
La Gordon ci guida nella New York degli anni ’80 e sugli scorci dei ’90, per narrarci delle difficoltà incontrate come componente femminile dei Sonic Youth, ma anche le vittorie e i consensi raggiunti, sia come icona della musica popolare quanto come vero e proprio modello generazionale. Soprattutto perché la band, al tempo, aprì le strade ad altri importanti gruppi musicali come i Nirvana, Hole, Smashing Pumpkins e molti altri.
Ai riconoscimenti seguono, come le carriere della maggior parte degli artisti, momenti totalmente opposti alla notorietà; per questo Girl in a Band è anche un racconto intimo di una carriera artistica la cui forte identità si dissolve e trasforma nel tempo.
Questo è il motivo per il quale Kim Gordon risulta essere fortemente malinconica, fin troppo consapevole che quel periodo di grande evoluzione della musica popolare e della sua vita, non tornerà mai più indietro. A questo si aggiunge, di conseguenza, il racconto della sua vita intima, oltre la musica, dal matrimonio alla maternità fino al raggiungimento, poi, dell’assoluta e totale indipendenza.
Oggi Kim Gordon ha più di sessant’anni e sente la necessità di scrivere la sua vita e le sue opinioni nero su bianco, ma soprattutto, di farlo senza filtri. Perciò non risparmia crude accuse nei confronti di Madonna e Lana del Rey (di quest’ultima, tra l’altro, aveva recentemente detto che del femminismo, di certo, non avesse compreso granché) perché troppo lontano dal suo modo di vedere/vivere la musica e la figura della donna.
Quello che Kim Gordon vuole ricostruire è un periodo ben preciso che le generazioni del tempo ricorderanno ancora bene, proprio come lo ricorda lei.
Da una parte la consapevolezza che nulla più verrà restituito, dall’altra l’intenzione di far vivere qualcosa solo ed esclusivamente nella propria testa. Per queste due motivazioni Girl in a Band, è soprattutto un autobiografia sincera che si sostituisce a qualsivoglia finta e malsana (ri)costruzione artistica.
Rispondi