L’opera di Vivian Maier è oggetto di una mostra al MAN, Museo d’Arte della Provincia di Nuoro. La mostra, visitabile fino al 18 ottobre, è la prima in italia dedicata alla fotografa.
Vivian Maier è da pochi anni alla ribalta nel mondo della fotografia internazionale, vantando una storia che non sfigurerebbe in una commedia cinematografica dal sapore agrodolce. Bambinaia dagli anni ’50 del ‘900 delle famiglie borghesi di Chicago e New York con una passione nascosta per la fotografia, è stata scoperta per puro caso nel 2007 dal giovane John Maloof dopo la sua morte, avvenuta pochi anni di prima.
Si sa poco della vita privata di Vivian Maier, così come della sua vita da fotografa. Come una novella Emily Dickinson, i suoi lavori non sono mai stati oggetto di mostre, pubblicazioni, né di attenzione da parte della critica. La sua opera è l’espressione di una passione intima che ha suscitato interesse per puro caso, ritrovata fortuitamente in una cassa messa all’asta e comprata per poco meno di 400 dollari dal giovane Maloof.
A partire dalla scoperta casuale, nel suo appartamento da accumulatrice seriale sono stati rinvenuti oltre 150.000 negativi, molti dei quali mai sviluppati e una serie di 10 filmati in super 8 e 16mm, registrazioni e documenti di vario genere.
Le foto sono rigorosamente in bianco e nero, scattate dapprima con una Rolleiflex, poi, a partire dagli anni ’70, con una Leica. L’avvento della nuova macchina ha segnato di fatto un drastico cambiamento di prospettiva, aprendo alla fotografa nuove possibilità espressive, passando dalla prospettiva bassa ad altezza ventre della Rolleiflex alla Leica, che si portava all’occhio.
Tra i soggetti preferiti, gli incontri occasionali fatti per strada. Tra i suoi scatti fanno puntualmente capolino bambini, indigenti, sconosciuti e signore borghesi, ma anche scorci di strade e paesaggi. Di tanto in tanto, non mancava di fare da “comparsa” nelle sue foto, comparendo come riflesso in uno specchio o in giochi d’ombra.
Attualmente la critica fa una certa fatica a legittimare il lavoro di Vivian Maier per una naturale diffidenza verso la figura del fotografo amatoriale. Rappresentative sono le parole di Lorenzo Giusti, Direttore del MAN: “Di Vivian Maier si parla oggi come di una grande fotografa del Novecento, da accostare ai maestri del reportage di strada, da Alfred Eisenstaedt a Robert Frank, da Diane Arbus a Lisette Model. Le grandi istituzioni museali fanno però fatica a legittimare il suo lavoro, vuoi perché, in tutta una vita, non ebbe una sola occasione per mostrarlo, vuoi per la diffusa – e legittima – diffidenza verso l’attività degli “hobbisti”. Ma i musei, si sa, arrivano sempre un po’ in ritardo.
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