È difficile eguagliare i propri record, soprattutto quando il singolo apripista di una carriera musicale riceve diverse certificazioni e riconoscimenti ed è tra i più trasmessi dalle radio statunitensi. Per questo non è facile per gli OneRepublic raggiungere nuovamente l’apoteosi come avvenne nel 2007 con Apologize, brano prodotto e mixato da Timbaland e contenuto nell’album d’esordio Dreaming Out Loud.
Ma gli OneRepublic ci hanno voluto provare ancora, con il terzo album in studio, intitolato Native.
Già dalla copertina del disco il gruppo di Ryan Tedder vuole svelare le nuove componenti musicali che come formule chimiche si realizzano in questo terzo capitolo discografico; cinque sono gli animali ivi rappresentati come cinque sono gli elementi e i componenti stessi del gruppo. Un segno visivo per comunicare quanto lavoro vi sia alle spalle. Del resto Native arriva con una distanza di ben quattro anni dal precedente album.
Un disco dalle sonorità malinconiche e dalla spensierata armonia. I Lose Myself e Feel Again ne sono l’esempio calzante. Le ricche strumentazioni, le tastiere e i sintetizzatori sono segno di una nuova evoluzione e sperimentazione musicale intrapresa dal gruppo. Eppure ascoltando What You Wanted si ha la sensazione di toccare quelle medesime sonorità tipiche dei Coldplay e di Mylo Xyloto (2011). Anche I Lived (brano scelto come quinto singolo) riflette sulle esperienze della vita e sulle gioie e i dolori che possono derivarne; ”Hope that you fall in love and it hurts so bad, the only way you can know you gave it all you had” canta un saggio (forse anche un po’ ovvio) Ryan Tedder. Light It Up, Can’t Stop e la meditativa Au Revoir sono decisamente più vicine allo stile dei OneRepublic, ma non per questo sempre convincenti. Forse Counting Stars (di certo il singolo più fortunato dell’album), in tutta la sua semplicità raccoglie molto più di quanto non facciano altri brani come Something I Need e Don’t Look Down.
Il risultato è un pastiche che lascia davvero poco degli OneRepublic e molto più di Ryan Tedder, produttore di Beyoncé, Leona Lewis, Train, Rihanna e Maroon 5. Forse la coesione e il salto di qualità tanto sperato arriverà con il prossimo lavoro discografico, perché non c’è dubbio che Native sia un prodotto molto più piacevole e riuscito del loro precedente lavoro Waking Up (2009) ma anche un album pronto a strizzare l’occhio alle sonorità radio friendly.
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