Il 14 marzo scorso i Foster The People hanno rilasciato per la Columbia Records il loro secondo album, Supermodel, arrivato a tre anni di distanza dal precedente Torches e dal successo del singolo Pumped Up Kicks che li ha lanciati e imposti in cima alle principali classifiche.
Il trio di Los Angeles ha cominciato a lavorare al disco nel 2012, durante il tour di promozione per l’album Torches, registrando le demo in uno studio portatile. L’idea era quella di riuscire ad ottenere i risultati migliori proprio nelle situazioni meno confortevoli. Il secondo disco è il momento probabilmente più delicato nella carriera di ogni artista, soprattutto se arriva dopo un album di successo e un periodo, tre anni, che nel velocissimo mondo della musica è piuttosto lungo; forse per questo, Mark Foster e soci hanno comunque scelto di non sbagliare e di affidare la produzione del lavoro ad un nome di garanzia del settore, quale è quello di Paul Epworth. L’inglese, musicista e autore, vanta un Grammy per aver firmato il brano di Adele Skyfall e per le collaborazioni con Bruno Mars, Florence and the Machine e Cee Lo Green, Paul McCartney, John Legend, solo per citare i più noti.
Il risultato è un disco che dà torto a quanti avevano considerato la band un fenomeno di passaggio. Saggiamente, i Foster The People hanno deciso di osare, mostrando di essere in grado di rinnovarsi e di non cadere – quasi mai – nella trappola della ripetizione scialba dei precedenti successi.
L’apertura di Supermodel è affidata al brano Are You What You Want to Be?, quello che forse maggiormente rimanda alle sonorità del precedente lavoro e al singolo Pumped Up Kicks. Che sia voluto o meno, l’effetto déjà vu provocato non rispecchia né l’essenza del disco né anticipa degnamente i brani che seguono.
Ask Yourself, la seconda delle undici tracce dell’album, si fa strada tra chitarre acustiche e cori nel ritornello che conquistano piacevolmente. Potrebbe essere un perfetto singolo settembrino. E, a proposito di singoli, Coming of Age – il brano che ha accompagnato l’uscita di Supermodel a marzo, seguito anche da un video ufficiale caricato sul canale Youtube della band – comincia ad anticipare la raggiunta maturità della band, con un suono ben più elaborato che a tratti rimanda ad alcuni brani dei primi Coldplay.
Dopo Nevermind, altro brano di tutto rispetto, il secondo singolo pubblicato, Pseudologia fantastica, cede all’indie rock psichedelico e mostra la versatilità tanto della band quanto di Paul Epworth, capace di lavorare ad un brano del genere e di firmare contemporaneamente una ballad per Adele. Le due canzoni nell’economia del disco funzionano ma si ha l’impressione che diano tutta la forza direttamente nella dimensione live.
La settima traccia, Best Friend, una delle più apprezzate dell’album e terzo singolo estratto, è quella che probabilmente sintetizza meglio il mondo musicale di Supermodel, dividendosi tra sonorità anni ’80 e afrobeat.
Arrivati quasi alla fine dell’album, si inciampa nella prima e – forse – unica traccia poco riuscita: Goats in trees ha un andamento talmente lento e poco accattivante che finisce per stancare e si fatica ad arrivare alla fine dei quattro minuti e mezzo del brano.
Gli ultimi brani del disco stordiscono per quanto semplici. Dopo la ricchezza di suoni delle precedenti canzoni, The Truth e soprattutto l’ultima Fire Escape portano in un mondo talmente opposto a quello di Are You What You Want to Be? o di Pseudologia fantastica da non poter credere di stare ascoltando lo stesso album. Fire Escape congeda l’ascoltatore con una melodia essenziale, solo voce e chitarra e qualche coro nel ritornello, dove a farla da padrone è proprio il timbro di Mark Foster. Ricorda più un evergreen da falò sulla spiaggia al tramonto che un brano degli autori di Pumped Up Kicks, e non è assolutamente un male.
I Foster The People consegnano un secondo album che è un gioiellino, nonostante tutte le difficoltà del caso, dimostrando più di quanto ci si sarebbe aspettato e conquistandosi un posto di diritto tra le band da tenere d’occhio anche nei prossimi anni. Una menzione particolare deve essere fatta anche per i testi, firmati tutti da Foster, capaci di toccare temi non facilissimi, quali il consumismo, gli effetti negativi del capitalismo e l’eterno conflitto del nostro mondo, con la stessa efficacia e sfacciataggine dimostrata nella realizzazione dei suoni.
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