Ascoltare Wanderlust vuol dire tornare indietro nel tempo. L’ultimo lavoro di Sophie Ellis-Bextor è un inno alla raffinatezza e agli idoli di cui non potremmo mai fare a meno; il buongusto del pop inglese misto all’energia e alla grazia di una Kate Bush dei tempi moderni.
Gli inglesi questo l’hanno capito bene e subito; Wanderlust è stato rilasciato lo scorso 20 gennaio ma ha già regalato grandi soddisfazioni alla cantante, che ha visto piazzare l’album direttamente alla quarta posizione della classifica britannica.
Così Sophie con quest’ultimo lavoro discografico abbandona le piste da ballo per un ritorno alle origini, per ricordarsi forse di un tempo non troppo lontano, quando da giovane vestiva i panni indie-pop a capo di una band chiamata Theaudiance che gattonava verso il britpop. Le udici tracce di Wanderlust, nate dalla collaborazione con Ed Harcout, ci suonano per questo motivo, completamente nuove ed insolite, pennellate dalla grazia che solo una chitarra decisa e un dolce pianoforte regalano. Niente orpelli questa volta, ma decisamente Sophie, in tutta la sua essenza.
Il sipario si apre con Birth of an Empire, che incide con forza le orme ricercate e magistralmente arrangiante dell’intero album, pronta ad accogliere quel suono nervoso e profondo di Until the Stars Collide. Spensierata e pure un po’ sognante Runaway Daydreamer, proprio come Young Blood, una ballad d’amore e di classe scelta come primo singolo per la promozione di Wanderlust.
Un grammofono in un quartiere di Londra suona Interlude, un brano jazz e decisamente retrò con una delicata performance vocale della cantante. Un piccolo capolavoro Love is Camera dal retrogusto onirico e con un crescendo finale che non può che invitare a ballare, ma questa volta, con un ritmo tutto gitano. Completamente diversa 13 Little Dolls così pop e allegra che pare muoversi su coordinate opposte al suono roboante di Cry to the Beat of the Band, eppure, stranamente, perfettamente in sintonia l’una con l’altra. Finale decisamente acustico, e forse anche un po’ inaspettato, con romantica e malinconica When the Storm Has Blown Over. Il risultato è un album dalla forte coesione che conferma le lodevoli capacità di autrice ed interprete della disco-diva inglese. Tutte le canzoni sono lì, dove vorremmo che fossero.
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